Quando pubblicare un libro conviene: 3 casi studio

Se in Italia quasi nessuno legge, allora perché c’è questa smania di pubblicare?
Sei una ioutubbe star? Ti fanno pubblicare un libro; uno sportivo multimilionario in pensione? Ti fanno pubblicare un libro; un politico, un cuoco, un motivatore che smuove le folle? Pubblichi un libro. Lo so che state pensando: “Ah perché le case editrici hanno interesse a pubblicare volti noti”. E’ ovvio, ma che bisogno hanno questi personaggi di mettere il proprio nome su libri, che chiaramente non hanno scritto, quasi a suggello del loro successo.

C’è un passaggio nella presentazione del corso di self-publishing di Emanuele Properzi molto interessante perché dimostra quanto un libro può essere potente come strumento di Remarketing, “lo sfogli, lo tieni sul comodino e ti ricorda continuamente il brand che rappresenta” e di conseguenza, aggiungerei, la filosofia in cui ti identifichi.

Se mi fermo a pensare, in effetti, da quando io ho aperto “On the road”, a 16 anni, difficilmente ho poi letto altro che non fosse rappresentativo o in qualche modo scaturito da quella corrente di pensiero lì. Se tra di voi, invece, c’è qualcuno che ha contribuito a far schizzare nelle classifiche di vendita il libro di Marco Montemagno, giusto per fare un esempio opposto, è chiaro che si identifica in altri modelli.

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E’ vero, allora, che chi pubblica un libro lo fa per essere, come sostiene Emanuele, un punto di riferimento. Non fa una piega… se sei Seth Godin (o Raffaele Morelli :0 ) ma se sei il signor nessuno?
O ti lasci scoraggiare da certi meccanismi, oppure, scegli di autopubblicarti perché tanto è facile. E’ così?

Sono convinta che quanto più diventa semplice pubblicare, meno gli aspiranti scrittori si chiedono se ne vale veramente la pena di mettere sul mercato l’ennesimo libro, cosa lo distingue dalle migliaia di altri e chi sarà interessato a leggerlo. Per questo voglio riportarvi alcune storie di scrittori, anche loro all’inizio perfetti sconosciuti, per i quali la motivazione, la perseveranza e lo studio hanno fatto la differenza. Magari non sono ancora diventati milionari, ma vivono di scrittura (cosa che non tutti possono affermare).

1. Il caso Francesco Grandis

Lo annovero nella categoria di quelli che “ho pubblicato un libro perché avevo qualcosa da dire”, i miei preferiti, quelli che ti aprono nuovi orizzonti e, mentre la stai leggendo, capisci che la loro storia andava raccontata. Non a caso il libro di esordio di Francesco, Wandering Wil, si intitola “Sulla strada giusta”, ha venduto 10mila copie su Amazon e i diritti sono successivamente stati acquisiti da Rizzoli. Ma Francesco era già un punto di riferimento all’interno della community di web workers e nomadi digitali. Quindi, esattamente come ho fatto io, appena è uscito il libro i tanti interessati a tali argomenti hanno colto l’occasione per rubargli qualche segreto.

“Sulla strada giusta” racconta di un giovane ingegnere, convinto di aver trovato la sua posizione nel mondo e invece realizza di essere finito in una gabbia, di come trovare il coraggio di mollare tutto e sopratutto della ricerca della felicità.

Francesco Grandis è sicuramente un punto di riferimento per tutti coloro che stanno per intraprendere il suo stesso viaggio.

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2. Il caso di Alice ed Emma

Quando nel 2011 il self-publishing non era ancora stato sdoganato, uno sconosciuto, quanto misterioso Pietro De Viola, apre un blog per annunciare l’imminente uscita del suo libro “Alice senza niente”. Come ha raccontato su Storia Continua:

“I curiosi arrivano subito, la rete si chiede: ma chi è che scrive? E, soprattutto, cos’è questa storia.
Scrivere un libro, non bastava (..) creare un sito internet non troppo elaborato, elaborare una buona campagna pubblicitaria e… scrivere. Su quest’ultimo punto dubbio non ne avevo alcuno. Io so scrivere mi dicevo”.

E il pubblico alla fine gli ha dato ragione: Alice senza niente è stato scaricato in 35 mila copie e oggi è in libreria per Terre di Mezzo editore.

Una storia molto simile è quella di Erica Vagliengo” e del suo “Voglio scrivere per Vanity Fair”:

“Quando ho scritto il mio romanzo, avevo chiaro in testa che difficilmente sarei stata considerata, non essendo figlia di, e vivendo in un contesto di provincia. Così mi sono detta: “Mando il manoscritto a trentatré case editrici, ma nel frattempo lascio vivere la mia eroina, Emma Travet, su Internet. (..) Quando “Voglio scrivere per Vanity Fair” è stato pubblicato dalla Memori, a novembre 2009, io ero passata da un anno da Myspace a Facebook, ed avevo una base di lettrici che già mi seguiva da mesi ed è venuta a conoscermi alla presentazioni”.

Perciò, obiettivo raggiunto: la pagina di Emma Travet è il punto di riferimento per tutte quelle ragazze INCASINATE SÌ MA CON STILE!, e l’esempio, insieme a Pietro De Viola, che il momento di pubblicare arriva quando si è consapevoli delle proprie capacità.

3. Il caso Ludus

Non sono certa che lui apprezzi di essere inserito nella categoria di quelli che “Il libro è un metodo per monetizzare il mio sito web”. Ma secondo me Daniele Imperi, Ludus, autore di PennaBlu.it è un buon esempio di come la pubblicazione può essere messa a servizio della propria professionalità e viceversa. Daniele offre servizi di web copywriting e creazione ebook, oltre ad una valanga di risorse utili su scrittura e editoria. Molti dei suoi libri, sia romanzi che guide, li offre gratuitamente, ma è chiaro che in base alla loro qualità un cliente sceglierà se affidarsi o meno ai suoi servizi.
Lui stesso presentando “Adesso Blog! Le 22 (immutabili) leggi del blogging”, il primo pubblicato con una casa editrice, scriverà: “È la prima volta che mi trovo in difficoltà a scrivere un post. Forse perché questo è abbastanza autopromozionale, anzi lo è del tutto. Però a che serve un blog se non viene usato anche per pubblicizzare i propri libri?”.

Per riassumere: se sentite l’urgenza di raccontare la vostra storia, perché sapete che può fare la differenza per una determinata cerchia di persone, come si dice in inglese like-minded people, e se per loro il libro può diventare quasi un oggetto di culto, allora è arrivato il momento di premere il pulsante “pubblica”. Siete d’accordo?

Voi quando avete capito che era arrivato il momento di pubblicare il vostro libro?
Se volete raccontare la vostra esperienza di scrittori esordienti e autori 2.0, vi ricordo che è sempre attiva l’iniziativa Ebook in Adozione.

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3 risposte

  1. Con un libro di narrativa non è facile individuare un “momento giusto”. Il mondo può tranquillamente fare a meno di una nuova storia di fantasia, perciò la percezione di poter essere d’aiuto a qualcuno è molto sfumata; con un saggio (esperienza personale) è più facile immaginare di migliorare la vita dei lettori in qualche modo.

    1. Ciao Grazia. Sai non sono molto d’accordo. A parte che di questi tempi, regalare qualche momento di evasione è di grande aiuto. E poi, che ne so, prendi Asimov, caspita se ha cambiato il mondo con le sue storie di fantasia.

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