Da EFP Fanfiction all’editoria tradizionale, la storia di Francesca Bufera

Se c’è una cosa che ho capito con l’esperienza di Storiacontinua, è che gli aspiranti scrittori sono restii alla sperimentazione, vogliono vedere il loro libro, lo vogliono pubblicato possibilmente su carta e lo vogliono subito.
Poi, capita invece di conoscere persone come Francesca Bufera, che ha sgobbato anni allo sviluppo della sua serie e, insieme a questa, ad una community di forti sostenitori, prima di poter vedere “Clover” diventare un vero e proprio romanzo, oggi presente sugli scaffali delle librerie, grazie anche alla lungimiranza di una casa editrice come Centauria. Vi invito a leggere la sua intervista fino in fondo, perché Francesca non risparmia alcuni eccellenti consigli per quanti volessero ripercorrere le sue orme.

Ti va di presentarti ai nostri lettori?

Sono una storica dell’arte che come molti italiani al giorno d’oggi fa mille lavoretti diversi all’anno, e la scrittura è sempre stata la mia vita parallela, ciò che più amo fare. Una decina di anni fa circa avevo anche tentato l’invio di manoscritti a qualche casa editrice tradizionale, ma avevo trovato un responso desolante, nel senso non che venissi rifiutata, ma che non ricevevo neanche mai risposta. Un paio di volte, come molti, ho avuto proposte di pubblicazione a pagamento, e lì ho capito quanto certe realtà cercassero più di guadagnare sulla vanità di vedersi pubblicati che non sul lavoro dello scrittore. Così ho gettato la spugna, e ho cercato di trovare il buono che restava: a me, più ancora che venire pubblicata, interessava la possibilità di venire letta. Esisteva questo grande strumento che è Internet, e allora mi son detta: perché pagare per finire su uno scaffale, col rischio di non venire neanche aperta da un lettore, quando posso sperare di venire letta anche solo da una persona non spendendo un soldo, o non aspettando mesi una risposta che tanto non arriva? È stato lì che mi sono buttata per la prima volta sulla piattaforma italiana di scrittura online più nota, EFP, era l’estate del 2009. E, incredibilmente, i primi lettori contrariamente a qualunque mia previsione arrivarono.
Ho aggiornato regolarmente – ogni martedì – per cinque anni, la storia è cresciuta insieme a me ed è terminata nel 2013. La cosa curiosa è che proprio alla fine dell’anno scorso l’ho revisionata e messa su Kindle e Kobo store in quattro macro-parti, cominciando a farci i primi piccoli guadagni. Poi, neanche quattro mesi dopo, è arrivata la proposta editoriale: la storia era stata notata su EFP, e la prima parte secondo la mia divisione di Amazon divenne la materia prima per la trasformazione in libro.

Cosa troveranno i lettori in “Clover”?

clover_copertina

Un grande frullato di tutto il mio mondo: quando ho scelto di mettere questa storia online, non era mai stata progettata come libro, ma come lunga narrazione a puntate che avevo in mente da anni e che non avrei comunque mai proposto a una casa editrice. Nelle mie intenzioni, doveva avere la struttura a episodi di un telefilm. È così che è nato un lungo “feuilleton”, che all’epoca si chiamava FOUR. È divertente pensare che proprio sulla rete si sia creato il terreno perfetto per il riproporsi del “romanzo a puntate”, che sembrava ormai defunto dopo il XIX secolo. EFP, dove pubblicavo io, era soprattutto un sito dedicato alle fan fiction: storie che prendevano a prestito personaggi non originali (Harry Potter, Twilight, Supernatural) per farli muovere in modo diverso rispetto al “canone”. C’era però, sulla piattaforma, una parte ampia dedicata alle storie originali, e FOUR/Clover era tra di esse. In realtà, ho visto sempre Clover come qualcosa che sta tra la fan fiction e l’original, perché vi ho buttato dentro spunti molteplici di tutto ciò che mi piace. È un urban fantasy e riprende da telefilm, come Buffy per esempio, il topos della “città fittizia” dove si annidano creature magiche e demoniache. È un libro a tematica omosessuale maschile, e c’è un’intera realtà di narrativa di questo tipo scritta da donne, sulla rete, che l’editoria tradizionale ha cominciato solo da qualche anno a scoprire. Riprende, poi, il modo di trattare il tema dell’omosessualità tipica di certi manga e anime.
In Clover c’è sicuramente il topos letterario del “grande potere da cui derivano grandi responsabilità”, vista la capacità di Christian (il protagonista) di prevedere incidenti e catastrofi. C’è il triangolo amoroso, anzi il quadrangolo, considerato che Christian ha ben tre uomini tra cui scegliere: il poliziotto serio e integerrimo, il chitarrista cool e dal carattere dolce, il cattivo ragazzo avventato e impavido. Parte del divertimento è vedere per chi “tifa” il lettore, e devo dire che le reazioni sono equamente distribuite. 🙂 E, infine, attingo alla mia passione per creature come vampiri, demoni o spettri per tentare di creare una creatura minacciosa nuova: i Raspidi, che si nutrono dell’energia sessuale umana.
Questo per far capire quanti stimoli diversi ci ho ficcato dentro, e perché pur essendo una storia originale, io la consideri comunque imparentata con le fan fiction.

Come è avvenuto il passaggio all’editoria tradizionale?

Per una botta di fortuna incredibile: da tempo si udivano leggende metropolitane riguardo mitologici talent scout che giravano tra le piattaforme online alla ricerca di nuovi autori, ma in un paese come l’Italia, dove sembra che si preferisca importare autori collaudati già dall’estero piuttosto che rischiare, era difficile crederci. In realtà, si erano già dati dei casi in passato, uno su tutti quello di Virginia De Winter, che come me postava proprio su EFP: è stata “scoperta” e dal 2010 ha pubblicato, tra Fazi e Mondadori, cinque libri, con un sesto in uscita. Bene: la mia casa editrice, la Centauria (che anche se è “nuova”, discende dalla Fratelli Fabbri) ha progettato un’intera collana, Talent, che trae origine dal talent scouting sul web – quindi, niente invio manoscritti: sono loro che trovano te. Apripista della collana è stata Chiara Venturelli, che anche lei come me era su EFP con il seguitissimo e amatissimo Lezioni di seduzione, ora romanzo con lo stesso titolo. A ciascun autore, Centauria ha offerto un buon contratto per i diritti sulle nostre opere e un anticipo minimo garantito. Ci ha affiancato un editor e ha realizzato in stretta collaborazione con noi un restyling in piena regola dei nostri lavori per toglierli da Internet tramutarli in un romanzo solido. Ha voluto scommettere su di noi, totali esordienti, ed è importante dire: non è vero che queste realtà in Italia non esistono. Forse c’è tanta gente che è disillusa e pensa solo al suo orticello, però non è l’unica scelta possibile. Si può anche scommettere su persone giovani, a patto di volerlo.

Come è cambiato, se è cambiato, il romanzo una volta trasferito dal web sulla carta?

Innanzitutto, è cambiato il titolo: nel frattempo che pubblicavo FOUR, sul mercato era uscito un romanzo young adult di Veronica Roth dallo stesso titolo, il che mi impossibilitava a utilizzarlo per il mio. Per fortuna, Clover era il mio “titolo di riserva”, perciò non ho faticato a sentirlo combaciare. Per il resto la storia, da qualcosa di totalmente auto-didatta e auto-prodotto, è passata attraverso un vero editing, che è ciò che fa veramente la differenza. Capisci che una casa editrice ti sta offrendo qualcosa di buono quando edita la tua opera. Se nessun editor ci mette mano, forse questo accarezza la vanità dell’autore che non si vede toccare il testo originale, ma in realtà è come se la casa editrice stesse dicendo che di quel libro non gliene frega niente, a parte venderlo. O beccarsi i soldi dell’autore, a seconda dei casi.
Tornando a Clover, naturalmente essendo che non l’avevo pensato come romanzo, ha dovuto cambiare struttura: si è presa la prima parte della storia che era online e la si è dotata di un suo climax interno, ha assunto un equilibrio classico, di inizio – svolgimento – conclusione. Abbiamo tagliato dei personaggi e delle scene che erano meno incisive o non funzionali, e abbiamo aggiunto invece un po’ di elemento action, di cui Clover necessitava. Ovviamente, visto che la storia originale era veramente lunga, nella più rosea delle possibilità Clover sarebbe il primo libro di una saga.

Cosa significa scrivere su una piattaforma online? E come si riesce a farsi notare?

Io ho avuto tanta fortuna, forse ho beccato un momento particolarmente buono, perché non è che ho avuto da subito un seguito nell’ordine delle centinaia di persone, però ho avuto recensioni fin dal primo capitolo. Prima una, poi un paio di persone, poi sono cresciute progressivamente. Quindi non so quanto i miei consigli possano essere azzeccati, ma pensando a quello che è valso per me, credo che aspetti importanti siano: scrivere in un italiano corretto. Un testo zeppo di errori o in cui in generale emerge che l’autore ha poca padronanza della lingua che sta usando, risulta “pesante” e respingente.
Secondo: stai scrivendo un romanzo a puntate, per ciò usa tutte le accortezze del genere. Cura particolarmente il primo episodio, che è il “campione” che il lettore approccia e che gli fa decidere se proseguire o mollare. Chiudi i capitoli con qualcosa che motivi il lettore a proseguire. Pensa ai telefilm, o i fumetti, quanto giocano sui cliffhanger. Per fare in modo che il lettore “giri la pagina”, devi dargli un buon motivo.
Terzo: cerca di pubblicare con regolarità, in modo che per il lettore la tua serie sia un piacevole appuntamento fisso. Pensa alla volpe del Piccolo principe quando parla dell’addomesticamento: devi fare in modo che chi ti segue si “prepari il cuore”, sappia quando esci, e sapendolo abbia almeno la possibilità di crearsi un hype.
Ultimo consiglio: leggi tanto, tantissimo, il più possibile e varia genere e stile. So che sembra che tutto sia stato già scritto, ma in realtà più leggi più capirai quale storia dev’essere ancora raccontata e ti verranno idee per trame nuove e accattivanti. È molto importante sentire che stai dando al lettore qualcosa che non può trovare così facilmente in dieci altre storie, per questo devi avere un’idea dell’offerta. Contamina i generi: Grey’s Anatomy è nato con l’idea di mixare ER e Sex and the City. Prendi ciò che ti piace e, (senza plagiare nessuno) mischialo e trova una ricetta nuova. L’originalità paga.
O forse sono stata particolarmente fortunata io, è possibile.

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Ho letto che sei un’appassionata di serie Tv (una collega!) Come ha influito questo sulla tua scrittura? Esistono punti in comune tra i due generi, scrittura online e serial alla Netflix, secondo te?

C’è chi dice che i telefilm siano la nuova letteratura. E io penso che sia vero: negli ultimi anni il livello qualitativo delle serie tv si è talmente alzato, che seriamente si ha l’impressione che abbiano preso il posto lasciato vacante dalla letteratura. Il problema, nell’editoria, è che ormai si sta esagerando con i due estremi: o letteratura “alta”, con questa sorta di (spesso ingiusta) aura grigia, oppure vera e propria spazzatura usa e getta, destinata a essere dimenticata in dieci anni. I telefilm, invece, hanno preso la direzione intermedia che i libri stanno perdendo, si dimostrano ispirati, interessanti, sperimentali e coinvolgenti allo stesso tempo. Pensiamo a Breaking Bad, ma vi verranno in mente mille alti esempi: la qualità di scrittura è eccelsa, al medesimo tempo lo spettatore non vede l’ora di arrivare all’episodio successivo.
Molta della scrittura online nasce dal tentativo di evadere da un certo conformismo editoriale, di proporre storie che difficilmente troverebbero fiducia in chi ci deve investire dei soldi, esattamente come la televisione – e ora Netflix – ha permesso strategie alternative a quelle del cinema, dove anche lì si tende ad andare sul collaudato. Netflix ha offerto agli autori televisivi una libertà non più vincolata dallo “share”, che assomiglia alla libertà delle piattaforme di scrittura rispetto all’editoria ufficiale. Certo, su Netflix c’è una selezione artistica, mentre la scrittura online è ancora un mare magnum a cui attingere: la fortuna la fa il pubblico, oppure un editore che, appunto, decide di scommettere su di te. O un mix delle due cose.
Quello che è certo, in entrambi i mondi, è che c’è ancora tanta gente affamata di storie. E finché ci sarà, bisogna partire da questo punto qui.

Continuerai a scrivere per il web adesso che sei in libreria?

La mia intenzione è assolutamente sì. Ma poi devo vedere quanto sarò capace di rispettare la mia aspirazione. Uno non ci pensa, ma soprattutto se prima scrivevi solo per passione o per condividere qualcosa coi lettori, l’approccio alla scrittura cambia radicalmente quando cominci a dover “promuovere” quello che a tutti gli effetti non è più considerabile come un hobby, ma il prodotto di un tuo lavoro, di cui non ti stai occupando solo tu ma un entourage di persone. Devo ancora riassestarmi, da quel punto di vista. Però sì: mi piacerebbe per esempio anche usare il web per scrivere altre storie laterali all’universo di Clover, che magari non trovano spazio all’interno della narrazione.
Non credo, comunque, che la narrativa online rappresenti una cesura netta rispetto al passato, ma che anzi si ponga come naturale evoluzione, da cui non essere spaventati. Anzi: più si ha un bagaglio consapevole di tutto ciò che è venuto prima dell’avvento dello strumento digitale, più lo si padroneggia.

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