Tra AI, AV e VR… Il futuro è degli scrittori digitali

La popolarità delle applicazioni di messaggistica come Wechat, WhatsApp, Telegram e Messenger, ha fatto impennare gli investimenti per lo sviluppo di software in grado di conversare direttamente con gli utenti. Secondo CBInsights, le startup che si occupano di intelligenza artificiale, machine learning e natural language processing, hanno ricevuto finanziamenti per 35 milioni di dollari solo nell’ultimo anno, senza contare i milioni spesi dai giganti tecnologici Google, Amazon, Apple, Facebook e Microsoft.

Di conseguenza, nel prossimo futuro, ci si aspetta di assistere a un’ondata di nuovi posti di lavoro; Forrester Research calcola che, entro il 2025, negli USA, saranno 12,7 milioni le persone impiegate nella creazione di robot o di software per l’automazione. E non si tratterà solo di ingegneri, programmatori e designer, ma – attenzione attenzione – anche di scrittori.

Pensate che per lo sviluppo dell’assistente virtuale Cortana su Windows 10, già oggi Microsoft ha assunto 22 tra scrittori, poeti e sceneggiatori, probabilmente con l’intento di evitare gli errori commessi con Tay, un chatbot che avrebbe dovuto interagire con gli utenti di Twitter e, infatti, nell’arco di 24 è diventato una specie di nazista.

Chiedete a Cortana se è umana
Chiedete a Cortana se è umana

In questo senso, il lavoro che gli scrittori sono chiamati a svolgere dalle aziende tecnologiche è molto delicato, ovvero sviluppare le capacità di dialogo di questi robot, senza farli apparire troppo umani, poiché è provato che le persone, quando vengono a contatto con un software dalla “spiccata personalità”, provano un senso di repulsione, detto uncanny valley, per effetto del quale iniziano ad utilizzare un linguaggio volgare e commenti sessuali solo per mandare in tilt il programma, come appunto è accaduto con Tay.

Per stabilire i limiti entro i quali un bot può interagire con gli esseri umani, ha spiegato Robyn Ewing, creatore dell’infermiera virtuale Sophie (no, niente di erotico, Sophie ti ricorda quando prendere le medicine), “È necessario sviluppare un intero retroscena, anche se poi non si utilizza”. Come si fa per i personaggi dei romanzi, anche gli scrittori delle AI immaginano un’intera storia per dar vita ai loro bot.

“Nella maggior parte dei casi, gli utenti possono andare online e ottenere le stesse informazioni, senza l’aiuto di un assistente virtuale, anche se richiede un po’ più di tempo”, ha detto Ewing. “Quindi, se il personaggio non ti attrae, allora qual è il punto?”

In verità, anche Google, per migliorare le capacità di risposta del suo motore di ricerca, sta in pratica utilizzando lo stesso metodo, non assume scrittori, ma ha immagazzinato (senza permesso) i testi di 11.038 romanzi presi dal web, al fine di cogliere tutte le sfumature del linguaggio utilizzato dagli utenti, nelle loro richieste, e generare risposte che suonassero altrettanto naturali.

“La lingua, il fraseggio e la grammatica nei libri di narrativa tende ad essere molto più vario e ricco che nella maggior parte libri di saggistica, è stato particolarmente utile avere un linguaggio che ripete spesso le stesse idee, in modo che l’algoritmo possa imparare a dire la stessa cosa in modi diversi”.

Come sostiene Nathan Phillips, drammaturgo e collaboratore di Intel e Google Creative Lab, “Gli scrittori stanno dando forma alle informazioni tecnologiche che vengono prodotte in tutto il mondo, ma che in gran parte restano invisibili.

“Le Realtà Virtuali, piuttosto che i videogiochi, stanno tentando di rendere l’utente protagonista delle storie, invece di mostrare le azioni di un protagonista che attraversa la storia, come avviene nella scrittura. Il confine tra finzione e realtà è quindi sempre più sfocato e gli scrittori dovranno aiutare gli utenti a sentirsi a proprio agio con queste tecnologie”.

Aggiunge Janet H. Murray: “L’empatia non è una cosa che avviene automaticamente quando un utente mette su un auricolare. Questa deve essere creata, come in qualsiasi altro mezzo, con tecniche narrative mature, impiegate da operatori qualificati. La VR è solo una piattaforma, l’empatia viene dalla grande letteratura. Per inventare un nuovo media è necessario trovare il giusto equilibrio tra l’evoluzione della piattaforma il contenuto che si desidera condividere”.

Insomma c’è chi ha la tecnologia, chi ha soldi da investire in nuove tecnologie, ma sono sempre gli scrittori a condurre il gioco.

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4 risposte

  1. Non poteva essere diversamente. Le parole hanno un potere evocativo e sono il mezzo principale con il quale possiamo interagire a un livello profondo con gli altri, per questo devono rivolgersi a chi le parole le conosce a fondo.

  2. ciao!
    bell’articolo. se vuoi puoi importarlo su http://www.convcomp2016.it
    🙂

    A mio modesto avviso, il problema di Tay non fu quello di un sistema chatbot troppo sofisticato, anzi tutt’altro: credo funzionasse con crowdsourcing non o parzialmente supervisionato.

    Mio modesta riflessione:
    https://medium.com/convcomp2016/come-crackare-chatbots-basati-su-statistica-a4bcb6daf8b3#.6yaa2ze3r

    Dalla viva voce di Lili Cheng, pare che Tay fosse supervisionato ma…:
    https://twitter.com/solyarisoftware/status/793400771983400961

    grazie
    cheers
    giorgio
    https://twitter.com/solyarisoftware/status/801342187015389185

    1. Grazie Giorgio, non sapevo se andava bene per ConvComp, ma lo inserirò senz’altro (aspetto ancora il tuo contributo qui 🙂
      Riguardo Tay, non essendo una programmatrice, mi interessava di più capire perché alle persone viene la voglia di far dire al bot “sono un imbecille sono un imbecille”

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