Intreccio narrativo: le tecniche di scrittura per tenere il lettore incollato alla storia

Dopo esserci concentrati su come si sviluppa la trama di un libro e avervi proposto le 36 situazioni drammatiche di Polti e i 7 plot di base individuati da Christopher Booker, possiamo forse concludere che sono già state raccontate tutte le storie possibili?

Beh… Se fosse così non si spiegherebbe il numero di romanzi, racconti, sceneggiature che sono stati scritti e che continuano a essere scritti e pubblicati, oggi attraverso i canali più disparati (più o meno ufficiali). Questo perché, come sostiene la scrittrice americana Melissa Donovan “la creatività non è sempre qualcosa di nuovo, spesso, è semplicemente trovare nuove connessioni, prospettive, e combinazioni di elementi”.

Quindi, molto spesso il valore di uno scrittore non va ricercato nella storia che racconta, che può essere forse sempre la stessa (un personaggio che affronta il mostro, supera ostacoli, ottiene o perde ciò che desidera) ma in come la racconta, in come decide appunto di rimescolare tutti questi elementi. La ricetta che ne verrà fuori, sarà l’intreccio narrativo, o per attenerci alla definizione classica: l’ordine in cui l’autore decide di disporre gli eventi, a dispetto del loro effettivo ordine cronologico/causale. Lo scopo di creare uno sfasamento tra il modo in cui si svolgono i fatti e il modo in cui vengono, invece, narrati, è chiaramente quello di provocare la curiosità del lettore: meno avrà chiaro il quadro della situazione e più ne vorrà sapere.

“La scelta dell’intreccio è il primo atto creativo dell’autore, e riflette in modo decisivo il suo carattere”, scrive Raul Montanari nel saggio “Plotting The Plot”, tratto dal volume “Istruzioni per un racconto” (Literalia, 2000)

(…) è incredibile quante idee possano venire ripassando i fondamenti teorici della narrativa (…) nel momento in cui [si] gioca a riempire di materiale narrativo le caselle vuote dei vari stadi – conflitto, climax e così via.

Bene, stando così le cose aggiungiamo due procedimenti che possono complicare in qualsiasi momento lo schema di base: l’autore può disseminare informazioni apparentemente prive di importanza che diventeranno decisive in seguito (foreshadowing), o interrompere lo svolgimento della trama con una digressione. Fanno venire altre idee, no?

Certamente! E alcune delle idee per scrivere trame originali le ho riportate nel manuale che potete scaricare dell’Area Download di Storiacontinua, altre vi invito a segnalarle fra i commenti.

Si possono sfruttare, ad esempio, le tecniche dell’analessi (o flashback) e la prolessi (flashforward). Entrambe sono comunque interruzioni nello scorrere sequenziale degli eventi, ma la prima ci torna utile per fare un salto indietro nel tempo e mostrare o spiegare qualcosa che è accaduto prima dei fatti esposti e ne ha determinato l’andamento; la seconda anticipa ciò che accadrà, stimolando il lettore a chiedersi perché è successo.

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La struttura di un racconto può cambiare poi anche a seconda della voce narrante: cosa il narratore realmente sa e cosa decide di rivelarci della trama e dei suoi personaggi sarà determinante per la suspense.

– Si parla di focalizzazione zero, quando il narratore si colloca a un piano superiore rispetto al momento in cui avvengono le vicende narrate e infatti ne conosce già l’epilogo ed è pertanto in grado di muoversi nel tempo, come abbiamo visto, anticipando o posticipando i fatti.

– Avremo una focalizzazione esterna se il narratore ne sa meno dei personaggi di cui racconta le vicende. Sta al lettore dare un’interpretazione sulla base esclusiva delle loro azioni, di cui il narratore è solo un osservatore imparziale.

– Nel caso della focalizzazione interna, narratore e personaggio in pratica coincidono. È chiaro che chi legge avrà una conoscenza dei fatti limitata alla diretta esperienza del narratore-personaggio; ogni evento sarà filtrato dal suo giudizio e non sapremo nulla di più o di meno di ciò che è già di sua conoscenza.

– Infine, una narrazione potrebbe avvenire mostrando di volta in volta il punto di vista di tutti i personaggi coinvolti. È, il caso della focalizzazione multipla e allora i tipi di intreccio possono organizzarsi secondo tre modelli principali:

concatenazione – storia A seguita da storia B seguita da storia C;

alternanza – primo pezzo di A seguito da primo pezzo di B seguito da secondo pezzo di A seguito da secondo pezzo di B e così via;

incastro – la storia A contiene la storia B, che contiene la storia C.

Come vedete le tecniche per scrivere un intreccio accattivate sono molteplici, e nella prossima lezione troverete alcuni tra gli esempi più illuminanti, ma qualsiasi scegliate di usare dovrà rispondere sempre e comunque a un’unica regola: deve essere utile all’economia della narrazione, ossia, “ogni singola scena o unità narrativa deve al tempo stesso dare informazioni su personaggi e ambiente, e far proseguire l’azione”.

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9 risposte

  1. Il dubbio principale è: come equilibrare le varie storie tra di loro?
    E’ facile lasciarsi andare e finire col dare troppa attenzione ad uno degli “incastri”.

        1. Ciao, lo so che è passato tanto tempo, ma finalmente ho trovato del materiale utile, che risponde (spero) alle tue domande. Leggi l’ultimo post, sono curiosa di sapere che ne pensi

  2. Questo articolo mi ha chiarito parecchi dubbi che avevo sugli intrecci narrativi. Un particolare tipo di narrazione che ha sempre solleticato la mia curiosità ma che trovo sia difficile da padroneggiare è la focalizzazione multipla con storia ad incastro (storia nella storia nella storia). Un film che ho visto recentemente e che utilizzava questa tecnica – “Venere in Pelliccia di Roman Polanski- ne faceva uso e devo dire che l’ho adorato! L’intreccio era davvero unico e ricco di suspense!

    Se tu potessi scrivere qualche delucidazione sull’argomento ti sarei davvero grata! 🙂

    Buona giornata.

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