Storia della Scrittura Industriale Collettiva

Come promesso nella loro ultima intervista, gli autori SIC tornano su Storia Continua per ripercorrere con noi le tappe della loro carriera artistica.
“Ci venga dunque concessa” scrivono “per questo secondo contributo, una terza persona storica almeno in apertura”.

Richiesta accolta. Cominciamo:

Gregorio Magini e Vanni Santoni si sono conosciuti tra le pagine della rivista letteraria «Mostro». Alla chiusura della rivista, essendo per costoro l’esperienza letteraria anche questione di socialità – basti pensare alle infinite riunioni in cui venivano letti i rispettivi racconti – sentivano forte il bisogno di realizzare qualcosa insieme in tale ambito. L’idea di un progetto di scrittura collettiva nacque dall’incrocio di due loro passioni, esterne alla letteratura ma fortemente connotate sulla produzione collettiva di contenuto: il gioco di ruolo per Santoni e l’open source per Magini, che per di più in quel periodo stava leggendo Bourdieu.

Un approfondito studio delle esperienze di scrittura collettiva già esistenti mostrò realtà ascrivibili a tre grandi filoni: da un lato c’erano collettivi affermati, come Wu Ming o Kai Zen, che praticavano con successo la scrittura collettiva basandosi tuttavia non su un metodo preciso ma sul fatto di conoscersi tra loro e condividere visione e intenti (metodi dunque intrinseci a ciascun collettivo, e non esportabili); da un altro esperimenti online metodologicamente interessanti ma troppo caotici e inefficaci, come il progetto A Million Penguins della Penguin, e infine svariati progetti a “staffetta”, ovvero quella forma di scrittura collettiva in cui ogni autore scrive un pezzetto e poi “passa la penna”, tutti inevitabilmente poco coerenti e disomogenei (in realtà, volendo essere pignoli, in questi casi la stesura non è un processo collettivo, bensì una somma di processi individuali). Da queste evidenze nacque il desiderio di sviluppare un metodo di scrittura collaborativa che fosse efficiente, univoco, utilizzabile anche da persone che non si conoscevano tra loro e che desse vita a un vero processo collettivo. Dopo una settimana di estenuanti brainstorm, il progetto SIC vide la luce nel novembre del 2006, per mostrarsi al pubblico nel maggio 2007.

I principi base della SIC vennero fissati nella divisione del lavoro (su cui spicca la distinzione tra chi scrive –Scrittori – e chi compone – Direttori Artistici –) e la scomposizione della narrazione nei suoi elementi costitutivi (tramite schede personaggio, luogo, situazione, etc.) che solo successivamente vengono ricomposti. Dopo alcune riunioni mirate, i due fondatori arrivarono a una prima bozza di metodo (per approfondimenti si veda il Manuale SIC). Fino a due anni fa si è cercato di affinarlo e dimostrare il suo funzionamento: sono stati così scritti cinque racconti a molte mani con gruppi sempre diversi di autori.

Il Principe è il primo racconto SIC: fu imbastito in pochi minuti buttando giù un soggetto di tre righe e chiamando come scrittori quattro amici. L’obiettivo era soltanto testare il metodo, ma nonostante la scarsa preparazione venne fuori una specie di thriller urbano molto divertente, e capimmo di aver imboccato la direzione giusta. Nel secondo racconto, Un viaggio d’affari, reclutammo un nuovo gruppo includendo anche persone a noi sconosciute, e sperimentammo la tenuta del metodo anche sui contenuti simbolici. Alba di piombo fu la prova generale sulle narrazioni lunghe e con molti personaggi (con le sue 65 pagine è quasi un romanzo breve), mentre Notturni per ipermercato fu il primo racconto coordinato da un Direttore Artistico diverso da noi due: per il metodo una vera e propria prova del nove. Il sopralluogo nacque infine per testare il metodo sui monologhi interiori. Oltre a permettere lo sviluppo della metodologia per come è oggi conosciuta e utilizzata, queste prime produzioni hanno mostrato che il metodo SIC ha superato o almeno ampliato i limiti tradizionali della scrittura collettiva (frammentarietà del testo, competizione tra scrittori, inefficienza del processo di scrittura, disomogeneità stilistica), ma ovviamente il banco di prova finale sarà il Grande Romanzo a duecento mani, oggi quasi terminato.
Vale la pena ricordare che in quattro anni di SIC sono stati scritti anche due racconti “live”, nel corso di altrettanti workshop, e che nei primi mesi di vita del progetto ebbe luogo un primo tentativo di romanzo (a sedici mani: sei scrittori e due Direttori Artistici) poi rimasto incompiuto, ma comunque fondamentale per inquadrare le difficoltà insite nello scrivere un romanzo lungo e complesso con il metodo SIC, argomento questo su cui torneremo nel nostro prossimo intervento su Storia Continua.

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