Come scrivere narrativa al tempo della Netflix Tv

Videogiochi, serie Tv e web, stanno lentamente invadendo il terreno della letteratura, facendo propri linguaggi tipici del romanzo. L’emblema di questa contaminazione di generi è di certo George RR Martin, ma in generale si può affermare che è proprio grazie al contributo di firme prestigiose, come Tom Perrotta, Matt Weiner, Neil Gaiman, che la narrazione su schermo sta vivendo la sua età dell’oro.

“Così, se una volta, l’alternativa a Orgoglio e pregiudizio era Dynasty, oggi abbiamo la brillante etnografia di The Wire, l’abbagliante sci-fi di Battlestar Galactica, la splendida ri-creazione di Mad Men, la fantasia di Game of Thrones, la lacerante auto-esplorazione di Girls”, scrive Mohsin Hamid sulle pagine del New York Times, secondo cui stiamo probabilmente assistendo alla nascita di un nuovo genere, quello della Netflix Tv, che fonde elementi della televisione, del cinema e del romanzo.

“Che questo rappresenti una crisi per il romanzo mi sembra innegabile”, prosegue il giornalista. “Ma una crisi può essere un’opportunità. Incita cambiamento. E il romanzo ha bisogno di continuare a cambiare, come è successo con la pittura quando è nata la fotografia più di cento anni fa”.

Cosa possono apprendere gli scrittori dalle Serie Tv

Le serie televisive sono state spesso paragonate ai romanzi seriali, ma guardare una serie in streaming è ancora più simile a leggere un libro, perché le varie stagioni vengono rilasciate nel loro insieme ed è, quindi, lo spettatore a decidere con quale frequenza e per quanto tempo immergersi in una storia. Inoltre, lo streaming è capace di creare un effetto dipendenza molto simile a quello provocato dai videogiochi, come se ogni episodio diventasse un livello da sbloccare.

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Il fatto che non è più necessario ripetere ciò che è accaduto negli episodi precedenti, per gli spettatori ritardatari (stile soap-opera, avete presente?), fa sì che ogni puntata possa arricchirsi di nuovi dettagli, colpi di scena, incidenti, che stimolano a proseguire la visione.

Possiamo concludere che, anche se cambia il mezzo, ciò che conta è sempre e comunque il racconto, soprattutto in un contesto in cui i network sono in grado di accumulare enormi quantità di dati sui gusti e le abitudini del pubblico; a mettere ordine in questa matassa sempre crescente di metadati e algoritmi, ci sarà sempre bisogno di scrittori, capaci di stimolare ancora la meraviglia creando narrazioni avvincenti. Bisogna aprire la mente ed essere capaci di apprendere da ogni tipo di espressione artistica.

Ora, visto che non sarò un critico letterario, ma sono una vera appassionata di serie, ho individuato quelle che secondo me sono le tecniche del racconto televisivo che ogni scrittore dovrebbe fare proprie se vuole rimanere al passo con i tempi. Mi direte poi se siete d’accordo o meno nei vostri commenti.

Cosa ci tiene incollati agli schermi

Un tempo era l’attesa, dovevi attendere il giorno designato dal palinsesto televisivo, per guardare la nuova puntata del tuo telefilm preferito, e se te la perdevi, amen, dovevi aspettare le repliche di ferragosto per rivederla. Poi, la nascita dei siti web di streaming ha cambiato tutto: l’avere a portata di clic intere stagioni ti spinge a guardare l’episodio successivo e quello dopo ancora, e ancora… Alla fine si crea una reale immedesimazione tra personaggi e spettatore.

Chi le osserva con occhio un po’ più critico, si accorgerà che nelle serie i personaggi non vengono mai utilizzati come espediente per portare a termine la storia, o trasmettere il messaggio dell’autore. Sono il fulcro stesso del racconto. Si tratta, quasi sempre di persone comuni, al limite del nevrotico, catapultati in una situazione fuori dal comune. E tu non puoi fare a meno di chiederti: cosa farei io al loro posto?

Breaking Bad role

E’ da questa domanda che si dipana la storia: ce la farà il mite professore di periferia a tenere testa ai cartelli della droga? Il rampante pubblicitario di New York riuscirà a tenere segreta la sua vera identità? Il boss della mala preserverà il suo potere malgrado la depressione?

Le risposte, che arrivano episodio dopo episodio, non sono mai scontate, perché non c’è alcun giudizio morale sui comportamenti dei personaggi. Come farebbe chiunque di noi, non fanno altro che cercare di preservare se stessi, man mano che le loro scelte li pongono di fronte a nuovi conflitti. Il che rende la loro evoluzione naturale e decisamente magnetica.

Se non esistono scelte giuste o sbagliate, non esistono né buoni né cattivi. Motivo per cui in un universo narrativo, come quello di Gomorra o Romanzo Criminale (anche noi facciamo buoni prodotti), ci mettiamo a tifare per quello che in altro contesto sarebbe il più infido dei personaggi.

Ad essere imperdonabile non è la cattiveria, semmai è il tradimento delle aspettative che non si perdona mai ad uno scrittore di serie Tv. Il caso di Lost ha fatto scuola: erano così tante le promesse iniziali, che i creatori hanno finito per perdersi in un vicolo cieco, offrendo un finale deludente e banale. Perciò, ben vengano i misteri, le linee di narrative lasciate in sospeso per essere riprese poi nella stagione successiva, i cliffhanger, ma alla fine ogni interrogativo deve trovare una risposta, ogni trama deve concludersi, come non sempre accade con i libri, lasciando un senso di appagamento nel pubblico.

C’è qualche tecnica narrativa che avete rubato alle serie tv? Aspetto i vostri commenti.

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