“Lolita raccontata da se stessa”, la riscrittura di un grande classico

Durante le prossime settimane il Wiki della Narrativa di Storia Continua darà spazio ad un interessante esperimento di scrittura mutante: una libera rielaborazione del romanzo di Vladimir Nabokov, “Lolita”, ad opera di Jean Claude Riviere; autore del Wiki fin dalla prima ora.

A lui lasciamo la parola per spiegare com’è stata elaborata “La vera storia di Dolores Haze, Lolita raccontata da se stessa” e cosa dovremo a spettarci dalla sua lettura.

“La vera storia di Dolores Haze” non vuole essere unicamente quello che in gergo cinematografico verrebbe definito un controcampo con la soggettiva di Lolita del romanzo omonimo, ma cerca di scoprire e rivelare avvenimenti e stati d’animo in tutto o in parte ignorati da Humbert Humbert nella sua confessione di un vedovo di razza bianca.

Di H.H., della sua inquietante e insana passione, attraverso le sue stesse parole, sappiamo tutto o quasi. Della ninfetta Lolita sappiamo solo quello che lui vedeva o voleva vedere in lei. Ma Dolly era proprio così? Che cosa passava nella sua testa di bambina prima e di giovane donna poi?
E cosa ci ha saputo svelare di Clare Quilty, se non che era un vizioso (da che pulpito viene la predica!) e che somigliava a un certo Gustave Trapp suo parente?

Ci sono le parole di Dolly: “…è molto in gamba e geniale… purtroppo non riesce a tenersi lontano dall’alcol e dalla droga… e in fatto di sesso ha un atteggiamento che definire spregiudicato è poco…” ma non spiega perché l’aveva amato, l’aveva seguito, ed era stato il solo uomo per cui avesse perso la testa.

Una cosa che non appare chiara neanche nella trasposizione cinematografica realizzata da Stanley Kubrick nel ’62 in cui il personaggio di Quilty è interpretato da Peter Seller che con istrionismo si cimenta in una serie di buffoneschi travestimenti. E ancora meno nel rifacimento del ‘97 di Adrian Lyne in cui la figura di Cue risulta quanto mai sgradevole.
E ancora meno conosciamo Richard Schiller al quale H. H. dedica una fuggevole e superficiale descrizione.

Sappiamo che i nomi dei protagonisti, così come le località, non sono quelli veri, ma abbiamo preferito mantenerli per creare una maggiore aderenza a quanto mirabilmente narrato da Nabokov in quel libro che a metà degli anni cinquanta fece scandalo scatenando indignate proteste per l’incontrollata e insana passione di un quarantenne per una dodicenne.

Il prologo scritto da Jean Claude Riviere

lolita - Guide Self Publishing e scrittura online | Storia Continua

Il rumore di una portiera d’auto sbattuta con una certa forza doveva aver svegliato Teddy che, ritenendolo suo dovere, svogliatamente stava provando ad abbaiare. Subito dopo sentii suonare alla porta. Andai ad aprire e me lo trovai inaspettatamente di fronte. Non era molto cambiato, solo il suo viso tradiva uno stato di tensione quasi febbrile.

“Ma che bella sorpre-e-esa!” esclamai stupita. Stavo per abbracciarlo felice di rivederlo, di constatare che gli era pervenuta la mia lettera e che sicuramente era venuto per aiutarmi. Non gli avevo voluto comunicare il mio indirizzo ma solo il numero della casella postale, perché non volevo che vedesse in che condizioni vivevo, ma lui era evidentemente riuscito ugualmente a rintracciarmi e la cosa mi faceva piacere.

Mi osservò quasi freddamente, stentando a riconoscermi. Non potevo non essere cambiata anche se in fondo erano passati solo tre anni. Vagò con lo sguardo sui miei capelli pettinati all’insù, sugli occhiali rosa, sul mio scamiciato pre-mamam, sulle mie ciabatte e soprattutto sulla mia gravidanza di sei mesi.
“Tuo marito è in casa?”
“No… ma non restare sulla porta…”

Sorridendogli lo feci entrare, badando di tenere il cane fuori. Come prima aveva osservato me, altrettanto sgomento osservò la casa che certamente considerò misera. Quando passammo vicino alla finestra aperta gli indicai Dick che sopra una scala, aiutato dal suo amico Bill, era intento a sistemare l’impianto elettrico ai vicini.
“Eccolo: è quello sulla scala… vuoi che lo chiami?”
Lo scrutò attentamente quindi disse
“Grazie ma non è lui che voglio!”
“Non è lui chi?”
“Presto dimmi dov’é…”

Improvvisamente rividi nei suoi occhi quello sguardo di latente follia che purtroppo ben conoscevo.
“Oh no! Non sarai venuto fin qui per rinvangare il passato?…”

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