La letteratura non è pubblicità, ma se lo fosse?

La raccolta di racconti “Future Vision” commissionata da Microsoft è solo l’ultimo esempio di narrativa sponsorizzata, o “pubblicità letteraria”, come preferiscono definirla su Finzioni Magazine. Questo modello di advertising viene sperimentato per la prima volta nel 2001 proprio da un marchio italiano, Bulgari, che commissiona alla scrittrice Fay Weldon un romanzo in cui il nome della gioielleria e dei suoi prodotti sarebbero dovuti apparire almeno 12 volte.

“La prima cosa da mettere in chiaro”, spiegò ai tempi Giles Gordon, agente della Weldon, “è che si tratta di un eccellente romanzo, uno dei suoi migliori”. E, infatti, quello che doveva essere un libro gadget per i clienti di Bulgari, venne distribuito in Gran Bretagna e negli Stati Uniti da HarperCollins, con tanto di contratto.

Trovate l’operazione ambigua e molto poco “letteraria”?
Provate a rispondere alla domanda che la stessa Gordon pose ai suoi interlocutori: perché è più spregevole essere pagati da una società di gioielleria italiana che da HarperCollins?

In un articolo su Electric Literature viene spiegato come in un qualsiasi racconto, dalla “Metamorfosi” di Kafka, al” Corvo” di Poe, volendo si può individuare uno spazio per la pubblicità nativa.

In superficie, “Ritratto dell’artista da giovane” non ha nulla a che fare con le applicazioni di messaggistica istantanea, ma la lirica di James Joyce non è forse perfetta per un marchio come Snapchat?

Il tono è ovviamente ironico, eppure, non così assurdo se si pensa che Wattpad, considerata il futuro della narrativa, sta facendo del Native Advertising il suo business principale, mettendo in contatto diretto i brand con gli scrittori più seguiti della piattaforma.

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Ma che cos’è il Native Advertising?

Secondo la definizione che ne da il portale italiano dedicato, il Native Advertising fonde il contenuto e i messaggi pubblicitari all’interno del contesto editoriale in cui vengono collocati, allo scopo di catturare l’interesse dei lettori e creare engagement. Si distingue dal pubbliredazionale grazie all’esplicitazione dell’inserzionista.

Insomma, con due sole parole, “Sponsored by”, il native advertising elimina la sostanziale differenza tra il pubblicare per un editore e scrivere per un marchio (ammesso che questa separazione ai lettori importi ancora, come sostiene l’editorialista Robert Andrews) aprendo nuove opportunità per gli scrittori, poiché le aziende saranno sempre più interessate ad ingaggiare dei creativi in grado di trovare modi innovativi di promuovere servizi e prodotti. Pensate che per il 2016 sono previsti investimenti per 3 miliardi di dollari su questo nuovo tipo di pubblicità.

Se credete che tutto questo non ha nulla a che fare con voi e con la vostra scrittura, allora, guardate bene l’infografica di Copyblogger, “The Amazingly Simple Anatomy of a Meaningful Marketing Story”, e ditemi se non vi sembra familiare. Forse non conoscete i principi della pubblicità, ma se sapete scrivere delle storie è decisamente il vostro momento.

The Amazingly Simple Anatomy of a Meaningful Marketing Story [Infographic]Like this infographic? Get content marketing training from Copyblogger Media that will give you an unfair business advantage.

Vorrei precisare che Bulgari non ha sponsorizzato questo post 🙂

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