Romanzi ipertestuali: il ruolo del lettore

La scorsa settimana avevo segnalato questa come l’ultima lezione di Chinalski su iperromanzi e romanzi ipertestuali. Invece, il nostro esperto ha voluto regalarci ancora un altro ciclo di post per rispondere a quella che è stata la mia domanda di partenza: “Ma come si scrivono i romanzi ipertestuali?”

Se volete scoprirlo rimanete collegati nelle prossime settimane, sempre di venerdì, sempre con le lezioni di Chinalski. E ora passiamo a qualche esempio di romanzi ipertestuali veri e propri su supporto informatico.

Il primo romanzo ipertestuale di una certa popolarità, almeno nell’ambiente, è di Michael Joyce, si intitola Afternoon, a story, risale al 1992, si può comprare dall’editore Eastgate Systems e la traduzione italiana è introvabile. Si può leggere solo su PC, poiché necessita di essere visualizzata tramite un programma apposito.

L’opera è formata da brevi brani scritti in modo vago e indefinito, è compito del lettore cercare di dare un senso al racconto a partire dai frammenti letti nella sequenza in cui li ha incontrati. Personalmente ritengo che il romanzo di Joyce non sia un esperimento riuscito, poiché il risultato è un insieme di pensieri e di immagini slegate tra di loro, senza un senso che non sia quello che che si è sforzato di dare il lettore (ma il lettore non ha bisogno di appoggiarsi a un romanzo scritto da un altro per inventarsi un senso proprio).
Inoltre ho trovato pesante il bisogno di seguire i link per procedere nella storia, anche per la scelta dell’autore di rendere tutte le parole del testo delle hotword, quindi associate a dei link, dove però la maggior parte delle parole portano a una medesima pagina: poiché non è possibile sapere quale sarà la pagina di destinazione e, specialmente, non è possibile sapere se è una pagina che si è già visitata, si passa il tempo a seguire link inutili.
A ciò c’è da aggiungere che alcune hotword portano a diverse pagine di destinazione in dipendenza delle pagine visitate oppure no in precedenza. Il risultato di tutto ciò è che presto la lettura si trasforma in un seguire meccanicamente link cercando disperatamente di arrivare a qualche pagina con dei contenuti di un certo interesse. Per ciò che mi riguarda ho smesso di leggere il romanzo prima di riuscire a dare un senso a tutto ciò: tra le recensioni ho letto che c’è una pagina, ben nascosta, che illumina di senso tutta l’opera. Il problema è convincere il lettore che vale la pena cercare questa pagina (Joyce, nonostante il nome promettente, con me non c’è riuscito).

Un altro tipo di romanzi ipertestuali sono quelli che chiedono al lettore, al termine delle pagine, di scegliere tra più link per proseguire il romanzo. Questi romanzi derivano direttamente dai libri gioco nati qualche anno fa, in genere incentrati su avventure fantastiche o su enigmi da risolvere. La casa editrice Quintadicopertina, ha pubblicato tre interessanti romanzi di questo tipo, da loro chiamati “polistorie” e leggibili, opportunamente, anche su ebook oltre che sul PC. Di questi romanzi presto scriverò delle recensioni puntuali, per il momento vorrei presentare brevemente due titoli.

Chi ha ucciso David Crane? di Fabrizio Venerandi è una via di mezzo tra un’investigazione di un omicidio e un brutto sogno, e il lettore si muove un po’ casualmente tra le pagine della storia, poiché l’autore non fornisce indizi sufficienti affinchè il lettore possa immaginarsi l’argomento della pagina che segue un determinato link. La storia è abbastanza articolata e procede verso uno dei pochi finali possibili, il finale è quindi conseguenza di poche scelte realizzate dal lettore. Mi è sembrato che le scelte fatte dal lettore all’interno delle pagine del romanzo influiscano più sulla sequenza delle pagine incontrate che sulla reale trama del romanzo.

Verrà H.P. e avrà i tuoi occhi di Antonio Koch è invece più simile a un videogioco, le diramazioni della storia moltiplicano il numero di finali possibili, col risultato di avere (se non ho sbagliato i conti) 26 brevi storie differenti e concluse, che tra di loro condividono alcune pagine testuali, dalla pagina di ingresso fino alla diramazione in cui si separano. L’autore suggerisce al lettore, giunto al termine di una delle brevi storie, a ricominciare a leggere la storia da un punto precedente, in modo da realizzare una scelta differente per potere percorrere una diversa strada all’interno del romanzo. Spesso la singola storia letta non ha un finale soddisfacente, e il lettore è spinto a spazzolare tutte le possibili storie fino a trovare la storia col finale più completo.

Per chiudere questa breve carrellata, a mio avviso un romanzo ipertestuale di livello paragonabile a un ottimo libro sequenziale ancora non è stato scritto, oppure semplicemente ancora non l’ho trovato. Ritengo che sia dovuto al fatto che la struttura a ipertesto tende a sopraffare i contenuti e a metterli in secondo piano. Questo vale sia per l’autore, obbligato a un lavoro aggiuntivo per gestire la struttura dell’ipertesto oltre al contenuto, e al lettore che deve districarsi al suo interno. Al momento, quindi, il carico di lavoro imposto ai lettori da parte dei romanzi ipertestuali per cercare quali siano i link disponibili su una pagina, scegliere quale seguire e seguirlo (oltre allo sforzo per ricordarsi dove si trovano all’interno del romanzo), forse non è ancora giustificato rispetto alla stupenda semplicità di girare semplicemente la pagina (o schiacciare il pulsantino di pagina successiva sul lettore di ebook, facciamo vedere che non abbiamo paura della tecnologia ;).

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8 risposte

  1. Non ho capito bene il meccanismo del romanzo “Afternoon, a story”. Sembra che per procedere tra le pagine si può solo cliccare sulle parole a caso. E’ così? In effetti diventa una caccia al tesoro. Puoi approfondire un po’?

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