Una vita dura come l”Acciaio”, il primo romanzo di Silvia Avallone

Voltando l’ultima pagina di questo libro rimani come sospeso, immerso nei tuoi pensieri.

Se non ci credete provate a leggerla, allora, la storia dell’estate di queste due ragazzine appena adolescenti, Anna e Francesca, che vivono in via Stalingrado nei palazzoni di case popolari costruiti per gli operai durante il boom economico.

Non so se chi non c’è mai vissuto possa capire cosa significhi crescere in questi alveari di cemento che brulicano di vita sfacciata, maleducata. Cosa significhi spostarsi attraverso ruderi di industrie e ciminiere abbandonate, perennemente inseguiti dai fumi mefitici dell’unica ancora rimasta in piedi.

Per questo l’opera prima della Avallone, ti fa meditare, perchè quella è vita vera. La vita di fuori che fa a botte con la vita di dentro, quella uguale per tutti, che tu nasca in quartiere residenziale o in via Stalingrado dove tutto ti lascia in bocca il sapore della polveri del ferro.

La scoperta del corpo, del sesso, dei primi baci. La corsa sfrenata verso un futuro che sembra doverti tutto, verso una terra promessa che può essere così vicina, come lo è per loro l’isola d’Elba, da ricordarti in ogni momento che esiste un modo diverso di vivere.

Ma si può raggiungerla davvero quando sei nato e cresciuto in via Staligrado? E’ riservato loro un destino diverso da quello dell’acciaieria, dei pomeriggi al bar, della coca che renda sopportabile il sapore dell’acciaio?

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“Tu sei convinto che devi avere di più, di più, ogni giorno che passa. Che questa è la logica delle cose” pensa Anna “Invece capita che hai dimeno, di meno, ogni giorno che passa”, ma “non è qualcosa che perdi. E’ qualcosa che perde te”.

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7 risposte

  1. Capolavoro “Acciaio”? Dalle prime pagine che ho letto, non direi proprio.
    Certo, un romanzo che piace e piacerà a molti: ma temo, proprio per i moivi per cui oggi dispiace la vera letteratura, fatta di credibile ambientazione storica, di approfondita analisi psicologica, di esperienze significative… Qui invece vedo il solito slang giovanilistico alla Federico Moccia, le situazioni dell’adolescenza stereotipata, buone per le fiction televisive e i film di Virzì (l’immancabile duo sesso-sballo, per intenderci), con potente richiamo per una platea da “grande fratello”. Come poteva stare Rizzoli, senza accaparrarselo? Peccato però che se voi scriveste un romanzo, anche migliore di “Acciaio”, i premiati editori non vi degnerebbero neanche di risposta! Siamo in Italia e chi non “fa parte del giro” non conta un fico secco!

  2. Non ritengo “Non ti muovere” un filmetto, ma staremo a vedere. Se Acciaio diventerà un film allora vuol dire che hai ragione, Antonio

    Grazie di aver contribuito alla discussione 🙂

  3. È un libro che si poggia su i soliti stereotipi (provincia come fonte di disperazione) e non ha un reale valore artistico, è un libro pieno di escamotages erotici e artifici retorici per attirare l’attenzione del lettore. Qualche accenno a fenomeni di cronaca sono messi puramente per farsi dire ”brava” dal critico. Alla fine non ne esce nessun messaggio da questo romanzo, si presterebbe bene (e probabilmente avverrà) solo per un filmetto in stile ”non ti muovere”.

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