Ranxerox e il Manifesto degli scrittori digitali

Neanch’io avrei mai pensato che gli scrittori digitali avessero qualcosa da imparare da un personaggio dei fumetti, almeno finché non ho scovato, all’interno della raccolta “Tutto Pazienza” di Repubblica, questo memorabile pezzo di Filippo Scòzzari, dedicato al collega / nemico Stefeno Tamburini, fondatore delle riviste Cannibale e Frigidare, nonché ideatore di Ranxerox, un personaggio che ha fatto la storia del fumetto, sia italiano che internazionale.

Tamburini non era un fumettista nel senso classico, il suo marchio di fabbrica era il remix, il riuso il riassemblaggio. Trasformava in ottimo lo stupido altrui, racconta Scòzzari, attraverso immagini fotocopiate, audiocassette registrate al contrario, ricalcando una quantità infinita di vignette di altri giornalini!

Insomma, con i mezzi che aveva a disposizione per l’epoca (Tamburini muore nel 1986 a nemmeno 31 anni) è riuscito a rinnovare e nobilitare il fumetto – insieme a Pazienza, ovvio – portandolo dall’underground alle mostre d’arte.

tredici

E’ importante conoscere la lezione impartita dalla truffa tamburiniana, per non mollare quando vi sentirete dire che pubblicare online non fa di voi dei veri scrittori, che tanto su internet possono scrivere tutti, che puoi autoubblicarti un libro, ma se non hai una casa editrice…

Vi riporto alcuni passaggi di “Steve Tamburo”, sperando che anche per voi suoni, così come è stato per me, un manifesto attualissimo per scrittori dell’era digitale.

“Il disprezzo che provai da subito nei confronti del Rank Xerox di Cannibale, fu pari solo al disappunto che da subito provai nel notare quanto “quell’ignobile cagata” attirasse l’attenzione dei lettori di quella nostra amatissima rivistina.
(…) com’era disegnato male! E com’era raccontato peggio, ‘stommaledetto Ranxerox!
MA CHE CI TROVA LA GENTE?
Be’ dirò ai giovani che cosa ci ho trovato io, che è poi quello che m’ha insegnato Stefano, e che tanto ho tardato a capire:

1°) Non si sa disegnare? E chi se ne fotte? Ho mille possibilità: dalla macchina fotocopiatrice, alla macchina fotografica, all’amico più bravo di me. L’importante, l’assolutamente basilare, è avere l’idea, pistare e pestare su quella, e afanculo chi dice che non funziona; è mia, no? basta e av.

2°) Che importa se “alcuni” particolari di ‘st’idea sono copiati, vecchi, cretini, rubati, stantii, scemi? Prima di tutto son tutte cose che so già da solo, perché non sono un idiota. Poi, perché non lo sono, so di dover riverniciare tutto col “mio” cervello.

3°) Rapportarsi al mondo come se si fosse Dio: se poi lo si dimostra anche, qualcuno ci crederà!

4°) Lavorare da soli può portare al capolavoro. Ma se si lavora in coppia, o in tre, o in quattro, e se inoltre, per mie insondabili capacità manageriali, precognitive, culturali, cromosomico-caratteriali, ecc., riesco a far sì che questo lavoro di team divenga una summa, non solo della cultura di quel team, ma anche della cultura totale di una generazione (meglio se la mia, le altre si accoderanno), allora il capolavoro è certo. Forse non in termini assoluti, non sono mica Michelangelo, ma di questi tempi anche incidere sul gusto, e solo su quello, comincia già ad essere una bella prova di genialità.

Tamburini - Pazienza

5°) Dopo tutto lo sforzo che ho fatto a far venire fuori l’idea e/o il personaggio, devo anche ricordarmi che il mondo è costituito da circa quattro miliardi di figli di puttana. Se rifiuto il concetto, o lo accantono, mi ritrovo con le pezze al culo. Perciò da artista sublime mi devo trasformare in imprenditore di me stesso.

6°) Giocare strenuamente in difesa di se stessi e della propria idea puà fa venire la meningite: i pericoli sono tanti! I nemici sono tanti! Le difficoltà, le incomprensioni, le idiozie sono tante!
(…)
Per riuscire vittoriosi in un’impresa solo apparentemente facile ci vogliono naso e “cultura”.

Come di fa a far nascere un Red Vinyle, o Ned Viryle, un Tamburotella, un Mongoholy-Nazi, uno snake Agent, se non hai mai studiato, e se hai vissuto distratto e disattento i tuoi giorni e i tuoi anni?”

FONTE: Tutto Pazienza, vol.10 “Lo specchio dei Tempi”, La biblioteca di Repubblica-L’espresso.

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